sabato 27 novembre 2010

INDAGINE PER SPACCIO DI DROGA - COINVOLTI ANCHE ALCUNI COMUNI DELL'ISOLA

Una trentina di indagati, oltre un anno di indagine con 20 utenze telefoniche intercettate e migliaia di ore di conversazione sbobinate, quindici arrestati svegliati nel sonno da cento carabinieri mobilitati, sette latitantie una caccia all’uomo che prosegue tuttora nel Meratese e nel Monzese. Sono alcuni dei numeri dell’operazione «Venere Nera» che ha portato ieri in carcere 15 persone raggiunte da ordinanze di custodia cautelare firmate dal Gip di Lecco Gian Marco De Vincenzi.
A essere stroncata una presunta organizzazione dedita allo spaccio di cocaina non solo nella nostra provincia ma anche in quelle di Bergamo, Monza e Brianza e Milano, retta da una donna, la «venera nera», una marocchina di soli 24 anni, Laila Boukhchen, residente a Calco e ora detenuta nella casa circondariale di Bergamo. Lei, giovane e avvenente, conosciuta nell’ambiente con i soprannomi di Sara o «Sorella», è considerata dai carabinieri e dalla Procura di Lecco - che ha coordinato l’inchiesta con il procuratore capo Tommaso Buonanno e il sostituto Luca Fuzio - il vertice dell’intera gang in grado di far fluire e rivendere al dettaglio un chilogrammo di cocaina al mese nell’area in cui il sodalizio criminale operava. Lo stupefacente sequestrato in circa un anno di indagine è invece di un chilo, oltre a bilancini di precisione e materiale per il taglio della droga.
NEL DETTAGLIO tra gli indagati undici sono stati materialmente arrestati nella giornata di ieri, uno di loro sottoposto ai domiciliari, quattro sono stati raggiunti dall’ordinanza già in carcere, sette sono riusciti a sfuggire sino a ora all’arresto (quattro braccati in queste ore, due già resisi latitanti in passato per altre cause, uno espulso e rimpatriato in Marocco nei mesi scorsi) nove già arrestati in flagranza nel corso delle indagini. La mappa dello spaccio, capillare, con clienti di età compresa tra i 18 e i 45 anni raggiunti in bar, parchi, sale giochi, piazze comprende i Comuni di Galbiate, Vercurago, Calolziocorte, Olginate, Monte Marenzo, Aiuruno, Brivio, Calco, Merate, Imbersago per il Lecchese, e ancora tra Bergamasca e Monzese, Villa d’Adda, Carvico, Calusco d’Adda, Solza, Termo d’Isola, Bonate Sopra, Ponte San Pietro. L’organizzazione sarebbe stata strutturata in tre ramificazioni, tutte riconducibili per gli investigatori in vario modo alla 24enne marocchina, con basi a Calco, Bonate e Cornate. I pedinamenti, le intercettazioni telefoniche, la riprese di incontri tra clienti e spacciatori, in buona parte eseguite dai carabinieri della stazione di Calolziocorte guidata dal maresciallo Fabio Marra, hanno costruito un castello accusatorio definito dal procuratore Buonanno, «ben saldo» con «indicazioni probatorie importanti».
«UN RETICOLO di spacciatori», l’ha definito il comandante provinciale dei carabinieri, il tenente colonnello Marco Riscaldati, stroncato nella prima mattinata di ieri dall’intervento di un centinaio di militari supportato da diverse unità cinofile. La gran parte delle ordinanze di custodia è stata eseguita nel Lecchese e ancora tra la Bergamasca, il Monzese, il Milanese, ma anche nelle carceri di Cuneo, Venezia e Nuoro dove già si trovavano reclusi quattro degli indagati. Nel corso dell’indagine erano già scattate le manette ai polsi di nove persone colte in flagranza di reato tra settembre 2008 e l’ottobre del 2009. Gli arrestati sono quasi tutti di nazionalità marocchina, salvo un tunisino e cinque italiani. A uno di loro i militari hanno trovato in tasca undicimila euro in contanti. Il giro gestito dall’organizzazione si suppone fosse ampio, tanto appunto da poter veicolare circa un chilogrammo di cocaina al mese vendendola al dettaglio. Solo tra Calolziocorte e Merate si calcola che i clienti fossero almeno un centinaio, spesso giovanissimi appena maggiorenni o ventenni, ma anche qualche adulto. Della Lecco bene e non solo.
ATTORNO ai latitanti i carabinieri stanno stringendo il cerchio grazie a operazioni tuttora in corso nei pressi dei diversi covi utilizzati dall’organizzazione specialmente nell’area del Meratese e nel confinante territorio della Brianza Monzese. Una serie di domicili utilizzati per far fluire il fiume di cocaina che riforniva il mercato lecchese dello spaccio.


Testo di Corrado Cattaneo

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