sabato 28 giugno 2008

LA PERSECUZIONE

di Gianni Baget Bozzo - 28 giugno 2008
da www.ragionpolitica.it

Giorgio Napolitano era il presidente della Camera dei Deputati che decise di rimuovere la più antica garanzia del parlamento nei confronti dei poteri della corona: l'immunità parlamentare come primo statuto della libertà e il riconoscimento del carattere rappresentativo delle istituzioni elettive. Ora, dopo una carriera eccezionale ed inattesa, Napolitano si trova, come presidente della Repubblica, a dover affrontare le conseguenze di quel voto. La conseguenza di esso è stato l'uso della magistratura per perseguire, con un circolo mediatico-giudiziario, con l'uso della detenzione in carcere come mezzo per ottenere chiamate di correo, la distruzione dei partiti democratici d'Occidente in Italia. Da allora esiste una azione sistematica nei confronti di Silvio Berlusconi, che raccolse come persona l'elettorato di quei partiti.
Non dubitiamo certo di Napolitano. Egli è un convinto sostenitore del regime parlamentare: in esso la maggioranza elettorale e la maggioranza parlamentare contano più di un organo di autogoverno dei giudici, che non è titolato a pronunciare, neanche indirettamente, giudizi di costituzionalità. La democrazia e la sovranità popolare sono la forma della Costituzione, i giudici non ne sono affatto i garanti, sono un ordine indipendente ma subordinato alla democrazia e al parlamento, un ordine che serve lo Stato e non ha il compito di censura sul personale politico.
Ora anche in Europa appare chiaro che Berlusconi è oggetto di una persecuzione giudiziaria, che il popolo italiano lo vota certamente non solo a questo titolo, ma anche con questo titolo. Il solo fatto dell'incriminazione continua di una persona eletta dal popolo indica che vi è nei magistrati italiani la concezione che essi, non il popolo, non il parlamento, sono i custodi: di che cosa non sappiamo bene, perché il potere totale dei giudici non esiste in democrazia. I giudici possono solo distruggere, non costruire. La sentenza penale crea un vuoto, non una soluzione. Sembra che essi pensino di essere i garanti del sistema comunque definito, che la democrazia sia un regime corrotto a cui essi devono porre un limite. Ma questa concezione considera il voto popolare una scelta illuminata o il sogno di un folle in una notte di tempesta? Pensano i magistrati di essere la ragione che brilla nel fango della corruzione politica, da essi poi ridotta non a un sistema di comportamenti, il che può essere vero, ma ad un solo uomo e una sola persona proprio perché vince le elezioni e ottiene il consenso popolare contro di loro?
Non rimane che sperare che il presidente della Repubblica ridia alla vita politica e parlamentare la dignità che il voto del '93 le aveva tolto.

Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi trovate di nuovo in disaccordo