La Indesit ceduta agli americani della Whirlpool...
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Fu fondata nel 1953 a Torino con la denominazione Spirea, da tre soci: Armando Campioni, Adelchi Candellero e Filippo Gatta. La società si trasferì qualche anno dopo a Rivalta di Torino, e cambiò denominazione altre tre volte fino al 1961, quando assunse la ragione sociale definitiva e nacque il marchio Indesit.
Indesit produceva sia elettrodomestici "bianchi" come lavatrici, frigoriferi, congelatori, lavastoviglie e cucine, che televisori e registratori di cassa. L'azienda conobbe un rapido sviluppo produttivo e commerciale nel periodo del boom economico, divenendo la terza del settore a livello nazionale[1]. Conquistò ampie quote sia nel mercato nazionale che estero degli elettrodomestici.
Negli anni sessanta e settanta, Indesit contava ben otto impianti produttivi, di cui cinque al Nord (sparsi tra Rivalta, None e Orbassano) e due al Sud (Teverola e Carinaro (CE)), dove furono impiegati circa 12.000 addetti.
Nello stesso periodo all'Indesit fu sperimentato un sistema di trasmissione televisiva a colori denominato ISA, che l'azienda torinese propose nel 1972 alla RAI, ma che non fu accettato dal Governo italiano, perché non conforme agli altri sistemi europei.
Venne acquisito anche il marchio Hirundo, con cui fu proposta una linea nel settore bianco (frigoriferi, lavatrici e altri elettrodomestici), oltre che apparecchi nel settore bruno, come radio a transistor marchiate Indesit-Hirundo. Tale marchio oggi non viene più usato.
Indesit partecipò per il 6% nella Sèleco di Pordenone, all'epoca in cui il controllo era detenuto da Giovanni Mario Rossignolo, cedendo impianti in disuso per la fabbricazione di televisori. Zanussi e Rel erano i maggiori azionisti in Sèleco a quell'epoca.
Nel 1980, la Indesit andò in crisi e venne posta in amministrazione controllata, da cui uscì nel 1984, quando fu ricapitalizzata per 74 miliardi di lire e vi entrarono nuovi soci[2]. Tuttavia per l'azienda torinese la crisi continuò e la ripresa non avveniva; a seguito di ciò nel 1985 cedette la sua divisione elettronica alla Olivetti[3].
Molte furono le trattative per trovare un partner industriale e finanziario, ma la situazione era talmente grave da portare, nello stesso anno, l'azienda all'amministrazione straordinaria, in base alla legge Prodi, e il Tribunale di Torino nominò commissario il dott. Giacomo Zunino[4]. Da tempo i posti di lavoro erano drasticamente diminuiti, ed erano ridotti a poco più di 7.000 addetti, la maggior parte dei quali in cassa integrazione.
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